Nel rispetto degli indirizzi e criteri stabiliti a livello nazionale, alcune Regioni hanno classificato il territorio
nelle quattro zone proposte, altre Regioni hanno classificato diversamente il proprio territorio, ad esempio adottando
solo tre zone (zona 1, 2 e 3) e introducendo, in alcuni casi, delle sottozone per meglio adattare le norme alle
caratteristiche di sismicità. Per il dettaglio e significato delle zonazioni di ciascuna Regione, si rimanda alle
disposizioni normative regionali (190 Kb).
Qualunque sia stata la scelta regionale, a ciascuna zona o sottozone è attribuito un valore di pericolosità
di base, espressa in termini di accelerazione massima su suolo rigido (ag). Tale valore di pericolosità di base
non ha però influenza sulla progettazione.
Le attuali Norme Tecniche per le Costruzioni (Decreto Ministeriale del 14 gennaio 2008), infatti, hanno modificato il
ruolo che la classificazione sismica aveva ai fini progettuali: per ciascuna zona – e quindi territorio comunale –
precedentemente veniva fornito un valore di accelerazione di picco e quindi di spettro di risposta elastico da
utilizzare per il calcolo delle azioni sismiche.
Dal 1 luglio 2009 con l’entrata in vigore delle Norme Tecniche per le Costruzioni del 2008, per ogni costruzione ci si
deve riferire ad una accelerazione di riferimento “propria” individuata sulla base delle coordinate geografiche dell’area
di progetto e in funzione della vita nominale dell’opera. Un valore di pericolosità di base, dunque, definito per ogni
punto del territorio nazionale, su una maglia quadrata di 5 km di lato, indipendentemente dai confini amministrativi
comunali.
La classificazione sismica (zona sismica di appartenenza del comune) rimane utile solo per la gestione della
pianificazione e per il controllo del territorio da parte degli enti preposti (Regione, Genio civile, ecc.).